Negli ultimi decenni si sono costituiti in Italia più di 30 Fondi negoziali con numeri positivi ed in crescita rispetto a numero di aderenti e capitale investito.
Tuttavia è evidente che ci sono diversi ambiti di intervento che potrebbero migliorare nettamente la situazione previdenziale del nostro Paese.
Spunti di riflessione del Presidente di Fondo Perseo Sirio
Wladimiro Boccali, presidente di Fondo Perseo Sirio, in un articolo per Lavoro Welfare analizza la situazione in Italia sottolineando 7 punti principali che meriterebbero maggiore attenzione al fine di migliorare la strada della previdenza complementare:
“I temi su cui concentrare la nostra attenzione dovrebbero essere i seguenti:
- Modalità di adesione;
- Governance dei fondi;
- Razionalizzazione e aggregazione;
- Gestione del capitale;
- Fiscalità;
- Integrazione previdenza-assistenza;
- Lavoratori non contrattualizzati.
In questo contesto è necessario trovare lo spazio politico e il coraggio di scegliere con forza la strada della previdenza complementare negoziale come parte integrante del sistema pubblico pensionistico.”
Rendere l’adesione del lavoratore libera ma semi-automatica per agevolarlo e svolgere un’informazione sistematica e rafforzata ad esempio, sarebbe già un primo grande passo soprattutto per avvicinare i giovani alle forme pensionistiche complementari.
Allo stesso tempo servirebbe un intervento pubblico che fornisca garanzie minime ai lavoratori saltuari e non contrattualizzati e l’individuazione di un Fondo esistente in grado di accogliere tra i propri aderenti queste vaste tipologie di lavoratori.
I giovani e i fondi pensione complementari
È proprio sulla posizione dei giovani lavoratori nei confronti della previdenza complementare che si concentra l’articolo per Lavoro Welfare di Maurizio Sarti, Direttore di Fondo Perseo Sirio, partendo dal forte divario tra i dati relativi alla popolazione italiana (fonte: Istat) e quelli degli aderenti a forme pensionistiche complementari (fonte: Covip).
“La popolazione residente al primo gennaio 2020 con età inferiore ai 25 anni è pari al 22,95% del totale; mentre i sottoscrittori, della stessa classe d’età, di una forma pensionistica complementare rappresentano solo il 4,60%; per le forme pensionistiche negoziali il dato degli aderenti con meno di 25 anni di età si riduce al 2,40%. Così come si nota che la classe d’età più rappresentata è quella compresa tra i 45 e i 54 anni.
Ma, se pure dobbiamo considerare che il confronto tra il dato della popolazione e quello degli aderenti a una forma pensionistica complementare risente in modo significativo degli effetti dello stato del mercato del lavoro, ciò non toglie che l’enorme divario nelle età più giovani tra popolazione e aderenti getta le basi di ulteriori difficoltà per le generazioni future.
Occorre immaginare per le generazioni più giovani e per quelle future progetti previdenziali che sappiano guardare oltre l’immanente, ricordando che la previdenza ha il “vizio” di essere un sistema che richiede di risparmiare oggi per la pensione di domani. Bisogna che le generazioni adulte, che detengono oggi la capacità decisionale, diano voce alle ragioni di quelle future – stakeholder “muti” – che non hanno la facoltà di rappresentare i propri interessi.”