L’Esg sta diventando sempre più importante per i fondi pensione anche per effetto della sensibilità normativa verso il tema: secondo i dati raccolti da Eiopa è evidente che l’inclusione dei fattori Esg nelle politiche di investimento dei fondi pensione è cresciuta. Infatti, nel 2022 solo il 5% dei fondi ha dichiarato di non integrare i criteri Esg contro il 45% rilevato nel 2019.
Gli Stati Uniti, invece, stanno scontando un quadro regolamentare riconducibile alle diverse sensibilità delle amministrazioni sui temi della sostenibilità: Trump aveva, infatti, limitato l’integrazione dei parametri Esg preferendo selezionare gli investimenti sulla base di considerazioni di natura finanziaria. Completamente opposta, invece, la direzione intrapresa da Biden.
Come è il quadro attuale italiano e quali possono essere le possibili evoluzioni?
Stefania Luzi, responsabile dell’area economia e finanza del Mefop, risponde ad alcune domande di MF-Milano Finanza.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria con riferimento all’investimento Esg dei fondi pensione la sostenibilità rappresenta uno dei principali temi dell’agenda del legislatore europeo: gli aspetti della sostenibilità sono entrati nella normativa sui fondi pensione con il decreto legislativo 252/2005 con un obbligo di rendicontazione.
Ma è solo con il decreto Iorp II, entrato in vigore a febbraio del 2019, che la sostenibilità entra a pieno titolo nella disciplina sui fondi pensione: tale decreto equipara i rischi Esg ad altri fattori di rischio in grado di incidere sul valore degli investimenti come rischio di tasso, prezzo e credito ed è necessario, quindi, che i fondi pensione abbiano un sistema di governo in grado di assicurarne il monitoraggio e la gestione.
La direttiva Shareholder Rights II segue temporalmente la direttiva Iorp II offrendo ai fondi pensione uno strumento per la gestione dei rischi Esg.
Principio di Comply or Explain
Per la tematica della sostenibilità è previsto il principio di comply or explain: i fondi che decidono di non adottare una politica di impegno devono motivare le ragioni.
Altro regolamento in ordine di tempo ma non per importanza è il 2088/2019, ossia la normativa europea sulla finanza sostenibile Sustainable Finance Disclosure Regulation che definisce norme armonizzate sulla trasparenza per quanto riguarda le informazioni relative alla sostenibilità.
Ci sono anche degli stress test, condotti da Eiopa nel 2022: il primo esercizio quantitativo di valutazione della resilienza degli investimenti dei fondi pensione al rischio associato alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Con riferimento alla Srd II nel 2023 il 37% dei fondi ha predisposto una politica di impegno, un incremento rispetto al 31% del 2021 e al 34% del 2022: è previsto un ulteriore aumento nel 2024 anche alla luce dell’iniziativa di sistema avviata nel 2023 da Assofondipensione che vede il coinvolgimento di 14 negoziali.
Il comply è la scelta prevalentemente adottata dagli aperti, 80% contro il 21% dei negoziali e del 20% dei preesistenti che possono contare sulle attività già predisposte dai rispettivi soggetti istitutori.
Tra le motivazioni più ricorrenti per l’explain troviamo il peso contenuto delle partecipazioni, la gestione finanziaria delegata, l’operatività non in linea con i principi di proporzionalità e contenimento dei costi, il ricorso a investimenti azionari indiretti tramite fondi o sivac.
I fondi che hanno adottato l’explain appaiono, comunque, propositivi ad un eventuale passaggio al comply a seguito dell’adozione di un percorso più strutturato su sostenibilità o avvio di iniziative di sistema.
Per quanto riguarda invece la Sfdr, relativamente alla classificazione dei prodotti, nessun ente prevede comparti articolo 9, diversamente da quanto rilevato nella precedente indagine.
L’arretramento registrato è un fenomeno riconducibile al fatto che gli enti sono stati chiamati a classificare la proposta offerta di investimento ancor prima che il quadro normativo fosse completo: il numero dei fondi che prevede comparti articolo 8 sono in totale 25, il 35% del totale del campione, di cui sette negoziali, sei preesistenti 12 aperti per un totale di masse pari a oltre 37 miliardi di euro.
Per quanto riguarda gli investimenti alternativi Stefani Luzi afferma: “Vorrei richiamare i dati del nostro osservatorio sugli investimenti alternativi che ha coinvolto 72 fondi pensione di cui 31 comparti negoziali, 13 aperti e 28 preesistenti.
Nel 2022 oltre il 58% ha dichiarato di investire in strumenti non tradizionali, rispetto al 47% del 2021: l’esposizione del patrimonio gestito è pari in media al 6,8%, interamente allocato nei mercati privati.”