Il 2022 è stato un anno difficile per i rendimenti degli investimenti nella previdenza complementare a causa del ribasso dei mercati finanziari che ha colpito anche i fondi pensione.
Secondo la relazione annuale Covip emerge che lo scorso anno i fondi negoziali hanno perso il 9,8%, quelli aperti il 10,7% e i Pip l’11,5%; mentre il Trattamento di fine rapporto, che, essendo legato all’andamento all’indice dell’inflazione, si è rivalutato dell’8,3%.
La situazione del primo semestre 2023
Diversa la situazione nel primo semestre di quest’anno: la Covip evidenzia come, insieme con quella dei mercati, ci sia stata anche una ripresa dei rendimenti dei fondi. Guadagni dal 6 a oltre il 7% per le linee azionarie, dal 3,5 a quasi il 5% per quelle bilanciate mentre i fondi obbligazionari hanno limitato il recupero all’ 1-2%.
Roberta Rossi della società di consulenza indipendente SoldiExpert Scf afferma che il rendimento dei fondi pensione andrebbe valutato sul lungo periodo e non sull’andamento altalenante di Borse e Btp.
A partire dal 2013 il rendimento annuo composto delle linee azionarie è stato tra il 5 e il 5,4%, scende tra il 2 e il 3,2% per le linee bilanciate ma si avvicina allo zero per i prodotti garantiti o obbligazionari mentre la rivalutazione media annua del Tfr nello stesso periodo è stata del 2,3%.
A fine giugno il settore della previdenza complementare contava 10,5 milioni di iscritti (+2% sul 2022) e 214 miliardi di risorse in gestione.
Roberta Rossi aggiunge che investire nella pensione di scorta resta un’opzione da consigliare tenendo conto del vantaggio fiscale con la possibilità di dedurre dal reddito fino a 5.164 euro di versamenti annui.
Dunque, per chi ha redditi più alti e un’aliquota Irpef del 43% significa risparmiare ogni anno dalle tasse quasi la metà dell’investimento in un fondo.
Secondo la presidente facente funzioni di Covip, Francesca Balzani, per rilanciare le adesioni bisogna intervenire sull’aspetto fiscale che oggi privilegia i redditi più alti e non i giovani con versamenti medi annui, comprensivi del TFR attorno ai 2.770€.
Obiettivo è rendere più flessibile il tempo di deducibilità e rimodularlo con interventi dello stato in funzione del reddito di chi investe nei fondi.