Nel derby delle pensioni, tra simulazioni e date il fondo pensione sembra uscire sempre vincitore
La corsa dei prezzi e la crisi dei mercati finanziari nel 2022 hanno fatto sollevare più di un dubbio sulla convenienza di far confluire il TFR nella previdenza complementare. Queste performance negative hanno avuto ripercussioni sul fronte azionario e obbligazionario, penalizzando quindi anche i fondi pensione.
L’indagine di Smileconomy
Con un’inflazione che l’anno scorso è salita all’11,6% il trattamento di fine rapporto si è infatti rivalutato del 10% circa, mentre i fondi pensione hanno accusato una perdita media tra il 9,8% e l’11,5%.
Ma allora spostare il TFR in un fondo pensione è davvero la scelta più conveniente?
Malgrado le apparenze la risposta è sì, e lo conferma un’analisi elaborata da Smileconomy per conto de L’Economia del Corriere della Sera. Lo studio ha messo a confronto la rivalutazione del TFR in azienda o destinato presso il fondo di Tesoreria dell’INPS per le società con più di 50 dipendenti. Creando 120 differenti scenari di possibili andamenti dei fondi pensione negli ultimi 20 anni con metodo rolling, Smileconomy ha in particolare simulato cosa potrebbe accadere a tre profili diversi di lavoratori.
Le simulazioni di Smileconomy
Smileconomy ha confrontato quello che potrebbe accadere ad un 30enne, un 40enne e un 50enne che dovesse decidere di conferire il TFR (solo maturando, oppure maturato e maturando) in un fondo pensione.
Il risultato? Il fondo pensione ne esce sempre vincitore.
Nello scenario equilibrato, e scegliendo una linea con un profilo di rischio elevato, un trentenne o un quarantenne che dovesse decidere di spostare il trattamento di fine rapporto nella previdenza complementare arriverebbe a disporre al momento della pensione di un capitale più che doppio rispetto a chi invece dovesse lasciare la liquidazione in azienda. Con il fondo pensione, il trentenne con uno stipendio netto di 1550 euro si ritroverebbe un capitale finale di 154.899 euro, il 127% in più rispetto ai 68.2255 euro del TFR in azienda.
Il quarantenne con uno stipendio netto di 2.000 euro si ritroverebbe un montante di 200.635 euro, il 104% in più rispetto ai 98.206 euro di chi ha scelto la liquidazione.
Quando è il TFR ad avere la meglio
Considerando anche l’effetto fiscale, la previdenza complementare non teme dunque confronti. Secondo la simulazione elaborata da Smileconomy spostando il TFR nel fondo pensione è possibile ottenere un maggior rendimento che, anche nello scenario più prudenziale, oscilla da un minimo del 3% ad un massimo del 3,5%.
C’è solo un caso, tra quelli simulati, in cui è il TFR ad avere la meglio. Quello di un cinquantenne con un reddito netto di 2.500 euro su 13 mensilità. In uno scenario prudente, il TFR lasciato in azienda potrebbe rendere lo stesso o poco più se lo destinasse ad una forma di previdenza integrativa.